Dopo quasi due anni di volontario silenzio ho deciso di ritornare in campo.
Da qualche giorno ho compiuto 60anni, non sono vecchio, non mi sento vecchio. Penso di poter dare ancora qualcosa per questo Paese che amo.
Dal 1994 il centrodestra ed il centrosinistra hanno governato il Paese più o meno per un periodo simile ma senza significative differenziazioni. La mancanza di etica e una gestione partitica e non politica è stata la caratteristica comune di tutti i Governi che si sono succeduti, di centrodestra o di centrosinistra.
La politica, partitocratica e personalistica, ha raggiunto i livelli più bassi dal dopoguerra nemmeno confrontabili con la prima repubblica che pure è crollata sotto i colpi di tangentopoli.
Nella prima repubblica oltre alla logica spartitoria e di potere c’era anche un dibattito e un confronto sui temi della politica, quella vera, quella che ha come obiettivo la risoluzione dei problemi della gente.
La degenerazione degli ultimi anni e tangentopoli hanno chiuso quel periodo lasciando, però, in eredità una politica vuota finalizzata solo alla realizzazione personale. In questa logica si inserisce Berlusconi che, proprio nella prospettiva della garanzia personale di parlamentari confusi e persi, realizza un soggetto politico che aggrega socialisti, democristiani, ex-fascisti, repubblicani, liberali, socialdemocratici, leghisti. Un aggregazione che, sulla base dei valori espressi da ogni singola componente, mai avrebbe potuto stare assieme. Ma la sopravvivenza e le opportunità, che sono più forti della identità politica, hanno consentito la realizzazione di quello che un normale senso di politica coerente avrebbe reso impossibile.
Berlusconi ha dimostrato di capire e conoscere i politici, non la politica, e con fini personali e non generali ha perseguito il suo obiettivo: diventare il premier (e forse il duce di questo maltrattato paese).
Ci sono voluti 14 anni per una posizione consolidata e forte; le uniche difficoltà sono state create dai suoi alleati non dalle opposizioni.
Se penso che il P.R.I., di cui sono stato parte attiva per oltre 20anni, è ora alleato a ex-fascisti e a qualche monarchico, rabbrividisco e penso alla sua storia cha va da Mazzini a Ugo La Malfa che hanno preferito essere minoranza piuttosto che rinunciare alle idee e ai valori repubblicani.
Per un esponente del Partito Repubblicano essere alleato, oggi, di un ex-fascista e di un monarchico non è un problema perché le diversità politiche e ideali non sono essenziali. L’obiettivo è esserci e stare con il potere. Nella prima repubblica questo non sarebbe stato possibile; queste diversità politiche e ideali hanno salvato la repubblica e la democrazia.
E’ normale La coerenza se gli obiettivi sono i valori e gli ideali. E’ altrettanto normale l’incoerenza se gli obiettivi sono le opportunità.
Speravo che la sinistra, più legata ai valori e agli ideali, nella prospettiva di abbandonare il modello comunista (di cui non sono mai stato parte e che non ho mai condiviso) avesse l’obiettivo di realizzare una socialdemocrazia che si riconoscesse e si identificasse nelle politiche dello Stato sociale che non significa solo accettazione della democrazia parlamentare e del mercato capitalistico, ma anche intervento regolatore dello Stato. Era del resto la “terza via” ipotizzata da Enrico Berlinguer.
Purtroppo anche gli esponenti della sinistra, preoccupati di essere travolti dal crollo mondiale del comunismo, hanno scelto una “quarta via”: quella di spostarsi al centro abbandonando qualsiasi ipotesi di azione riformatrice reale. Durante i governi di centrosinistra si è operato in una logica più liberale che socialdemocratica.
In quei periodi sono state realizzate le privatizzazioni a vantaggio di pochi e a danno della collettività, si è contribuito a dare centralità alla finanza e alle banche, sono stati i governi Prodi, ministro delle finanze Visco, che hanno alleggerito la pressione fiscale sulle rendite finanziarie ed inasprito quella sui redditi di imprese. Sono stati gli esponenti nazionali dei DS che hanno fatto il “tifo” per alcune banche. Non è stato un reato perseguibile penalmente ma è stata una scelleratezza politica che ha contribuito alla realizzazione del sistema virtuale che viviamo. E’ stato nell’ultimo governo Prodi che si è tentato l’avvio di una liberalizzazione del sistema economico ma nella realtà era solo la penalizzazione degli operatori finali, quelli più deboli, ed un affrancamento e rafforzamento dei poteri forti.
L’atto finale, la nascita del Partito Democratico, rientra in una logica simile a quella delle aggregazioni del centrodestra, forse meno affaristica, ma con la matrice comune: la sopravvivenza del singolo prima del progetto politico che, peraltro, non esiste ancora dopo due anni dalla costituzione.
Il Partito Democratico nasce dall’obiettivo di due partiti (DS e Margherita, due partiti caratterizzati più dalle differenze che dalla convergenze) di realizzare un sistema politico bipolare che spartisce il Paese con la controparte eliminando tutto quanto è esterno ai due poli. Il centrodestra coglie il senso del progetto e realizza il Partito delle Libertà. La legge antidemocratica che istituisce la soglia di sbarramento elettorale ne è la naturale conseguenza, la legge passa in Parlamento con i voti favorevoli del PdL e del PD.
Speriamo che i due poli poi non diventino un unico polo; l’Italia ha già vissuto in anni non lontani una simile esperienza.
Questa prospettiva di sistema post-democratico l’ho individuata nel progetto di costituzione del Partito Democratico e, anche per questo motivo, ho deciso di non aderirvi. Me ne sono andato dalla politica deluso e amareggiato perché ho sempre creduto nel ruolo fondamentale della politica. Nei miei anni di attività politica (dagli anni ’60 al 2007) la passione e lo spirito di servizio sono stati l’unico stimolo. Ho sempre svolto attività nel partito perché attribuisco grande importanza alla fase progettuale; non sono mai stato disponibile a ricoprire incarichi nelle Istituzioni perché ritengo le due funzioni non sovrapponibili. Parte del decadimento della politica deriva anche da questa sovrapposizione. Chi è negli organismi dirigenti dei partiti e anche nelle Istituzioni (ovviamente in posizioni di rilievo) finisce con il confondere i due ruoli e i diversi obiettivi e, cosa più grave, non è soggetto ad alcuna critica e censura (è la classica condizione del controllore – il partito – e del controllato – l’eletto). Il risultato è la figura del “leader”, un superuomo, un’infallibile, l’unico depositario della verità. Sono i leader politici i maggiori responsabili dell’attuale disastro sociale, economico e morale ma sono anche quelli che si propongono per risolvere i problemi creati. Com’è possibile? Credo che i leader politici dovrebbero andarsene riconoscendo, alla luce dei risultati, di aver fallito. E’ necessario un rinnovamento che non deve essere solo anagrafico.
Ritorno nel dibattito politico in modo forse velleitario, ma in politica bisogna avere coraggio. Voglio elaborare delle proposte di riforma del sistema elettorale, con l’obiettivo di realizzare una vera “democrazia rappresentativa”, di riforma del sistema economico, che rimetta al centro l’impresa di produzione eliminando le posizioni “parassitarie” aristocratiche una volta identificate nella “nobiltà” e, oggi, nella “finanza” e nei “banchieri”, di riforma del sistema sociale, che rimetta al centro l’uomo garantendo libertà, solidarietà e opportunità.