La politica e i media nazionali hanno enfatizzato la variazione dell’1,1% dell’indice della produzione industriale di aprile 2009 rispetto a marzo 2009. Il peggio è passato, ci sono timidi segnali di ripresa, si è interrotta la discesa, l’Italia torna a crescere. Sono solo alcune delle ottimistiche affermazioni successive alla pubblicazione del documento Istat, Indici della Produzione Industriale, del 10 giugno scorso.
La realtà è un’altra. L’indice di un mese rispetto al mese precedente, specialmente in una fase congiunturale negativa, non ha alcun valore. L’unico riferimento indicativo è lo stesso periodo dell’anno precedente. Marzo 2009 aveva registrato una flessione del 24,9% su marzo 2008, aprile 2009 del 24,5% su aprile 2008.
L’indice della produzione industriale è determinato con una media ponderata dei vari settori di produzione. Gli indici specifici dei vari settori, aprile 2009 su aprile 2008, rilevano indici negativi nel manifatturiero meccanico (settore rilevante per il territorio lecchese) del 38%, mediati da settori con indici negativi notevolmente inferiori (alimentari -3,2%, farmaceutici -1,6%, elettronica -8,1%).
Anche gli indici del manifatturiero meccanico sono mediati. Grossa parte delle piccole medie imprese del “meccanico” sta subendo, dagli ultimi mesi 2008, una flessione della produzione del 50/60% e oltre; abbondantemente sotto il limite di sopravvivenza.
Che cosa succederà nei prossimi mesi? Che cosa succederà a settembre, al rientro delle vacanze estive, quando le imprese dovranno pagare fornitori e stipendi dopo un mese di quasi totale inattività? Senza interventi concreti ed energici a sostegno, molte piccole e medie imprese saranno costrette a chiudere con il rischio del crollo dell’intero sistema industriale italiano che ha in queste imprese la sua base e forza. Siamo alla vigilia del crollo, non della ripresa. Questo emerge chiaramente dagli indici Istat e dalla realtà evidente di chi vive e conosce le imprese. Non è catastrofismo, non è questione di pessimismo o ottimismo, è solo realismo. La consapevolezza della realtà può aiutare a risolvere i problemi. La politica e i media nazionali prendono in giro tutti gli italiani con informazioni non vere forse perché ritengono che “curando” la causa, la finanza, si possono guarire gli effetti. In queste situazioni si deve estirpare la causa per curare gli effetti. Bisogna salvare il sistema industriale e le imprese, questa è la priorità se vogliamo salvare gli equilibri sociali del Paese. Smettiamola con convegni e osservatori che hanno la presunzione di insegnare agli imprenditori come fare impresa ma che servono solo all’immagine dei promotori. Gli imprenditori non ne hanno bisogno: l’impresa è nel loro DNA. Servono solo regole con funzione di tutela e sostegno dell’impresa. Gli imprenditori possono rilanciare il Paese, è già successo.