Ho chiesto al segretario provinciale di poter intervenire nel dibattito organizzato dal Partito Democratico, a Osnago, con la presenza del Ministro dell’Istruzione Francesco Profumo, mi è stato assicurato ma non mi è stato concesso.
Doveva essere un dibattito ed è stata solo una passerella. Doveva essere un dibattito nell’ambito della festa di un Partito che si chiama Democratico, “parola” importante che significa partecipazione e non gestione di vertice. Comincio ad avere qualche dubbio circa la legittimità, non solo politica, dell’uso di questa “parola” che, dal tempo di Pericle, ha una grande valenza e significato e che è patrimonio di tutti e non dei soli iscritti ad un partito. Sarà meglio chiamarlo Partito Democratico degli Iscritti e almeno rappresenterà la democrazia interna del partito, una questione circoscritta.
Brutto episodio quello dell’allontanamento ed identificazione di qualche studente che, non d’accordo sulla politica della scuola, aveva tutto il diritto di manifestare il proprio dissenso peraltro in modo molto civile. Brutto anche non aver consentito esprimere ad uno studente, alla fine, le proprie opinioni. Chi era sul palco, non per una ragione privata ma per una ragione politica, aveva il dovere di ascoltare. Erano dei giovani comunisti? Può darsi ma non importa. Erano, innanzitutto, dei giovani studenti che vivono un momento difficile senza certezze e prospettive. I giovani hanno il diritto di esprimersi e i politici hanno il dovere di ascoltarli. Le condizioni di precarietà sono conseguenza di scelte politiche sbagliate in particolare nella scuola. Hanno sbagliato quasi tutto ed hanno la presunzione di risolvere i problemi senza sentire i diretti interessati. Incredibile! Che brutta cosa la supponenza e la presunzione.
Volevo intervenire non per fare polemiche, volevo solo fare delle domande al Ministro. Avrei preso spunto da alcune affermazioni contenute nelle sue relazioni.
Il Ministro ha affermato che le difficoltà delle imprese stanno, principalmente, nella incapacità di innovare mentre le imprese che hanno fatto innovazione non soffrono l’attuale crisi. Lo sanno anche gli imprenditori che per competere in mercati globalizzati bisogna innovare; lo fanno ogni giorno senza le contribuzioni erogate ai grossi gruppi industriali che utilizzano queste risorse per finalità diverse, magari investendo in altri Paesi sostenendo, con i nostri soldi, quelle economie. Gli imprenditori sanno innovare, non hanno bisogno di lezioni, né dai politici e nemmeno dai professori universitari; sanno che cosa fare e, normalmente, al contrario della politica, fanno bene. La politica ed i governi, devono fare la loro parte mettendo, innanzitutto, le imprese nella condizione di sopravvivere. Sul Sole24Ore del 6 settembre è stato pubblicato un dato preoccupante; tra aprile e giugno, in Italia, si sono accertati 36 fallimenti al giorno, 1.000 fallimenti al mese ed il trend è in crescita. È solo colpa della mancata innovazione? Mi sembra semplicistico e banale, forse è solo ignoranza della classe politica circa la situazione reale. La questione è grave anche perché le chiusure delle azienda provocano disoccupazione e sono concausa di recessione. Con più consapevolezza e maggiore serietà, un governo, peraltro per definizione tecnico, avrebbe sviluppato una politica di sostegno delle imprese evitando la recessione e realizzando la crescita del PIL. Quello vero, non quello virtuale. Non sarebbe stato più opportuno? Hanno preferito rincorrere una crisi finanziaria voluta dalla stessa finanza solo per ragioni speculative.
Altra ragione di perplessità è l’aiuto alla imprenditoria giovanile tanto enfatizzata. Lo strumento è la possibilità di costituire società con capitale di 1 euro? Il giorno dopo, però, queste società non possono acquistare niente perchè nessuno fa loro credito, le banche, che non concedono finanziamenti a società nuove, anche capitalizzate, mai finanzieranno società che non hanno capitale e i clienti pagano le prestazioni a 3 o 4 mesi. Ma la politica ha veramente aiutato i giovani che vogliono intraprendere o ha fatto solo retorica ingannandoli?
Il Ministro ha affermato, inoltre, che molti studenti stranieri scelgono le università italiane per la qualità degli studi. Avrei chiesto al Ministro come mai, però, decantata tale qualità, i laureati italiani restano disoccupati o devono andarsene all’estero per trovare un posto di lavoro. C’è qualcosa che non mi convince, magari sbaglio io, volevo solo avere dei chiarimenti.
Avrei fatto anche un’altra domanda precisando che forse non rientrava nella competenza di un ministro tecnico. Considerato, però, che la scelta tra salvare le banche ed impoverire il Paese o salvare il Paese ed impoverire le banche è politica e non tecnica, il Governo è politico e non tecnico e quindi la domanda sarebbe stata pertinente e legittima. Avrei chiesto al Ministro se non riteneva opportuno ripristinare lo studio della “Educazione Civica” (corrispondente allo studio della “morale laica” istituito in Francia). Sarebbe utile, per i giovani, capire e conoscere le regole della convivenza civile, i diritti ma anche i doveri, e, per i professori sarebbe stato un’occasione per un opportuno ripasso. Su palco e in sala, in quel momento, c’erano parecchi professori, cominciando dal Ministro, dal Rettore del Politecnico di Milano e dal Se. Rusconi. Magari un ripasso potrebbe essere utile anche per loro.
Non avrei assolutamente fatto riferimento al processo di privatizzazione della scuola che crea molto disagio. È noto che sono contrario a qualsiasi forma di privatizzazione di funzioni sociali. Avrei lasciato l’argomento ai giovani che per questo motivo hanno manifestato e che avevano tutto il diritto di esprimere la loro opinione.
Nessuna polemica solo quattro domande. Certamente non avrei fatto esposizioni reverenziali come hanno fatto il Presidente della Camera di Commercio, il rettore del Politecnico di Lecco o la preside invitata ad intervenire dal sen. Rusconi. Ovviamente tutti interlocutori graditi. Sono un repubblicano convinto e rifiuto ogni forma di cortigianeria. Probabilmente sarei stato una nota stonata come lo sarebbero stati i giovani studenti. Con i politici attuali, non tutti per fortuna, o sei parte del “salotto” o sei un populista e un qualunquista con il quale è meglio non confrontarsi. Non mi piacciono questi salotti.