Egregio direttore,
Non intendo mettere in dubbio l’importanza e la necessità dell’aggregazione delle società pubbliche; non condivido l’impostazione edil metodo.
Ho la sensazione che, per l’ennesima volta, gli obiettivi non sono funzionali al miglioramento del sistema e dei servizi ma unicamente a esigenze ed equilibri politici che, oggi più che mai, sono inaccettabili. Guido Puccio non può tacciare di campanilismo o di «mezza molatura» chi dissente dall’operazione per due motivi: il primo perchè il rispetto dell’opinione degli altri, quando sono in gioco interessi generali, è fondamentale e il secondo perchè essendo parte dell’operazione, quale consulente, è inopportuno.
Personalmente, conoscendo la questione, ritengo l’operazione, per come si intende realizzarla, sbagliata. Non è sufficiente chiamarsi «Holding» per proporsi come uno dei soggetti dello sviluppo del territorio ma nemmeno per essere una vera «Holding».
Se fosse sufficiente una semplice denominazione quanti problemi verrebbero risolti!
La politica degli anni ’70 ha realizzato società di servizi che hanno avuto un grande ruolo ma, al contrario del resto del Paese, si è voluto creare società mono-utility; voler imitare modelli di aggregazione (fusione AEM Milano e ASM Brescia) che partono da condizioni e situazioni diverse non è solo velleitario ma anche iniquo e contrario agli interessi generali non solo dei Comuni ma, anche, dei cittadini che sono i veri azionisti di queste società.
Questa operazione, per come si intende realizzarla è sbagliata perchè:
- L’obiettivo principale dell’operazione è realizzare, come vuole il legislatore nazionale e regionale, una «patrimoniale del settore idrico»; il progetto di aggregazione proposto prevede la fusione di alcune società e successivamente la separazione del patrimonio idrico. Ma perchè non realizzare direttamente la separazione del patrimonio idrico? Operazione consentita dalla legislazione vigente e con l’unica controindicazione di risparmiare tempo e denaro.
- Perchè mettere assieme il «gas» e «l’acqua» in una situazione fortemente sperequata. Acel spa è partecipata da 29 Comuni e solo alcuni di questi Comuni utilizzano la società per il servizio idrico. Il patrimonio idrico di Acel spa è marginale rispetto al patrimonio del settore gas ed è notevolmente inferiore a quello delle altre società.
Il «Gas», e in particolare la società che svolge attività di vendita, ha un valore di mercato che non può essere ignorato in sede di fusione e di concambio, che «annacqua» le partecipazioni attribuendo notevole valore alle azioni di Acel rispetto alle azioni delle altre società.
- Acel spa dispone di grosse risorse finanziarie inutilizzate (più volte ho evidenziato questa situazione) che dovrebbero essere distribuite ai Comuni azionisti e, attraverso servizi e, magari riduzioni di ICI e addizionale IRPEF, rese ai cittadini che, utenti del servizio gas, hanno contribuito a crearle. Con la fusione delle società, queste risorse, diventano patrimonio generale e possono essere utilizzate per coprire diseconomie di altre società. Capisco la sollecitazione dell’onorevole Rusconi, che vorrebbe coprire le perdite di Rio Torto con le risorse di Acel Non capisco perchè un cittadino di Olginate, ad esempio, debba farsi carico delle perdite di un servizio di cui non beneficia.
- Perchè la società che per struttura, organizzazione e rappresentanza dovrebbe essere la vera capofila dell’aggregazione del settore idrico, il CIAB, viene particolarmente penalizzata nel progetto della «Reti Holding spa». Il CIAB è l’unica società in grado di garantire il servizio idrico ed è l’unica a essere «impresa» nel settore. Come è stato valutato questo «valore aggiunto»?
- Perchè partecipano solo quattro società e non tutte le società esistenti nel territorio provinciale? è una esigenza tecnica (non credo) o di altri equilibri?
- Perchè il progetto non propone un piano industriale in grado di dimostrare come si può arrivare a una ottimizzazione della gestione del servizio idrico? La realtà è che anche con questo progetto la soluzione del problema delle perdite delle società dell’acqua sarà risolta con l’aumento delle tariffe e, quindi, con un maggior onere per i cittadini. Un progetto di aggregazione non può prescindere da un modello di gestione economica altrimenti diventa una semplice operazione finanziaria accettabile nel privato ma non nel pubblico per il quale l’obiettivo dovrebbe essere quello di migliorare i servizi riducendo i costi. Si potrebbe continuare con il rischio di scrivere un romanzo, ho voluto solo evidenziare gli aspetti più evidenti.
L’aggregazione dei servizi pubblici locali, che ribadisco necessaria, dovrebbe a mio giudizio realizzarsi con le seguenti modalità:
- Separazione del patrimonio idrico, nel rispetto dei disposti legislativi, in una nuova società rispettando i valori delle partecipazioni attuali (operazione veloce e meno onerosa);
- Aggregazione delle attività connesse al servizio idrico per creare una società operativa forte e competitiva;
- Sviluppo dell’attività del gas (reti e vendita), ampliando l’attività all’energia in generale, con la realizzazione di una società che sia espressione di tutto o di ampia parte del territorio provinciale.
- Realizzazione della società «multi utilities» dopo aver completato quanto avviato negli anni ’70 rafforzando e potenziando le monoutility. La mia posizione non è «paesana» o «campanilistica» e nemmeno influenzata da «poteri di mezza molatura» (intendo a breve lasciare gli impegni nelle società pubbliche perché non ne condivido le modalità di gestione); la mia posizione è influenzata solo da una necessità: dare risposte ai cittadini e agli utenti con qualità ed economicità dei servizi.
Le aggregazioni come quelle di Brescia e Milano, interessanti se fossero nella sfera privata, sono completamente inutili se non producono vantaggi alla collettività e se sono solo funzionali al rafforzamento di centri di poteri che, anche se qualificati e non di «mezza molatura», non mi interessano, come cittadino.
Remo Valsecchi – (vicepresidente di Acel Service srl)