Note al progetto della “Bain & Company”
Il progetto della Bain & Company è, a mio giudizio:
- improponibile
- oneroso
- superficiale
- estraneo alla realtà territoriale
- velleitario
I motivi
1 improponibile perché penalizza i soci di società che svolgono attività e possiedono beni del solo ciclo idrico integrato.
La nostra provincia presenta una “anomalia” rispetto al resto del Paese perché, nel passato, si è scelto di realizzare i servizi attraverso società mono-utility e (escluso il caso Silea) di parziale rilevanza territoriale rispetto alla Provincia.
La multi-utilities è certamente l’obiettivo finale anche se un po’ in ritardo rispetto ai recenti indirizzi legislativi.
Per rimuovere l’anomalia, senza creare sperequazioni e penalizzazioni dei soci (i Comuni) e con l’obiettivo di garantire qualità ed economicità del servizio, bisogna prima realizzare delle società a valenza provinciale mono-utility per poi procedere alla loro fusione per realizzare un soggetto forte e competitivo.
Ipotizzare un “aggregatore” (strano e insolito modo per definire una nuova società – forse il termine serve per confondere e non far capire le reali intenzioni)
La costituzione dell’aggregatore attraverso la fusione delle società esistenti in Provincia, e naturalmente delle loro controllate (l’unica controllata significativa è Acel Service che, operando sul mercato libero, è l’unica ad avere un valore riferito all’avviamento che, da solo, vale molto di più di tutti i patrimoni idrici esistenti) attribuirà ad Acel spa un ruolo (politico) che è molto superiore alla valenza territoriale che esprime.
Acel spa è partecipata da 27 Comuni (meno di un terzo dei Comuni della Provincia e solo i Comuni di Lecco, Mandello, Olginate, Dervio, Valgreghentino, Ballabio e Lierna realizzano il servizio idrico, o una parte dello stesso attraverso Acel).
L’operazione è molto più vicina alle logiche privatistiche comunemente chiamate di “scalata” alle società attraverso la forza economico finanziaria, di cui Acel dispone per non aver investito in questi anni e nemmeno distribuito utili ai Comuni azionisti e per non aver corrisposto somme per la concessione delle reti di distribuzione del gas.
Come mai l’AGE, società a capitale maggioritario di Acel spa, corrisponde un canone per la concessione al Comune di Merate mentre i Comuni azionisti di Acel spa non hanno mai ricevuto nemmeno un €uro?
La mia critica nei confronti di Acel spa per una non corretta gestione delle ingenti disponibilità finanziarie di cui dispone e che sono improduttivamente lasciate su un deposito bancario nel solo interesse della banca e non certo degli azionisti e degli utenti, è nota e non è di questi giorni.
Io, che sono fortemente convinto per il mantenimento di queste società nell’area pubblica, mi chiedo perché devono restare tali (forse ha ragione Bersani) se poi producono gli stessi effetti del privato non riversando le risorse sul territorio che le ha prodotte senza distinguersi per maggiore efficienza e qualità del servizio.
Queste società, che hanno la sola funzione di garantire posti e prebende agli amministratori scelti solo per l’appartenenza, hanno la pretesa di assumere sempre più la funzione di “centro di potere”.
Solo in questa logica il progetto di “Bain & Company” è condivisibile. Si abbia, almeno, il pudore di evitare di chiamarlo “modello industriale”.
Le valutazione del concambio ipotizzate mi sembrano molto lontane dalla realtà dei valori attribuibili alle singole società.
2 oneroso
Perché sono ipotizzate una serie di passaggi inutili, se non per garantire gli effetti di cui al punto precedente.
Proposta operativa (in sintesi) alternativa.
La modalità più semplice è quella di costituire una società patrimoniale per il ciclo idrico attraverso il conferimento di rami d’azienda (gli assets patrimoniali e le passività relative) in una costituenda società con successiva assegnazione delle azioni ricevute ai propri azionisti (i Comuni) realizzando in questo modo una società che ha la proprietà degli assets del ciclo idrico e che è partecipata direttamente dai Comuni nel rispetto della normativa europea, nazionale e regionale vigente.
Eventuali Comuni che possiedono nel proprio patrimonio beni del ciclo idrico sia che partecipino o che non partecipino ad alcune delle società esistenti possono conferire i loro beni alla costituenda società ricevendo in cambio azioni in rapporto ai criteri di valutazione adottati.
Questa operazione si può completare in pochi mesi, potrebbe essere pronta molto prima della fine del 2007 e avrebbe minori costi anche per effetto delle agevolazioni previste dall’art. 117 del T.U.EE.LL.
Successivamente si potrà affrontare il nodo della scissione dei beni dei Comuni della Provincia e l’acquisizione dei beni dei Comuni della Provincia di Lecco che sono soci di società a maggioranza comasca.
3 Estraneo alla realtà provinciale
Le società esistenti e i Comuni azionisti sono quelli indicati nel prospetto allegato (allegato n. 1). Da prospetto si rileva che i Comuni sono complessivamente 58, molto prossimi ai due terzi previsti dalla legge regionale 29/2006.
Le partecipazioni sono quelle che svolgono attraverso la società il servizio o parte del servizio idrico.
E’ interessante evidenziare che:
- CIAB è partecipata da 48 Comuni della Provincia,
- ACEL fa riferimento a 7 Comuni di cui 2 sono anche azionisti del CIAB;
- Ecosystem fa riferimento a 9 Comuni di cui 7 sono anche azionisti del CIAB;
- Rio Torto fa riferimento a 9 Comuni tutti azionisti di CIAB;
- L’ex Consorzio dell’Adda fa riferimento a 8 Comuni tutti azionisti del CIAB
- Il consorzio Tutela e Ambiente fa riferimento a 2 Comuni entrambi azionisti di CIAB;
- Il CIAB è l’unica società che ha una struttura operativa in grado di svolgere un servizio quasi completo.
Con queste osservazioni, che nessuno ha sottolineato, il progetto è quello di realizzare una società di fatto governata da ACEL che praticamente, nel settore idrico, ha il solo Comune di Lecco con un peso significativo e non azionista di CIAB.
Non si può sottacere che l’attuale situazione economica di CIAB penalizza la società.
Ma è anche altrettanto vero che RioTorto perde, che Ecosystem perde e che la stessa Acel se si dovesse fare un’attenta analisi delle attività evidenzierebbe una perdita nel settore idrico.
Ma nel progetto della “Bain & Company” non si affrontano i temi del modello gestionale magari anche attraverso un “business plan” economico finanziario per capire qual è la condizione migliore per recuperare l’efficienza e l’economicità del sistema.
4 Superficiale
Ma sulla base di quali elementi Bain & Company ha costruito questo strano documento.
Le premesse mi sembrano più affermazioni di stile che reali risultanze di uno studio del sistema, del territorio e degli aspetti politico, sociali e culturali dai quali non si può prescindere quando si fa una proposta che coinvolge anche questi risvolti.
Il documento è ricco di modelli che sono degli stereotipi che si adattano ad ogni realtà ma che non danno alcuna indicazione precisa come quelli dei modelli della struttura organizzativa.
Alcuni esempi.
Nelle premesse delle ipotesi di piano industriale si fa riferimento ad una proiezione di flussi economici e finanziari su 5 anni sulla base di dati forniti e condivisi con le funzioni aziendali.
La “Bain & Company” non prende in considerazione che la concessione per la distribuzione del gas scade il 31.12.2009 e che da tale data sarà affidata all’aggiudicatario della gara. Anche ammettendo che Acel spa possa acquisire il servizio, le condizioni cambieranno e sicuramente si aggiungerà il costo aggiuntivo del canone da corrispondere ai Comuni sul cui territorio insiste la rete di distribuzione.
La cosa ridicola è che di queste proiezioni non viene fornita alcuna indicazione né di analisi e nemmeno di sintesi.
“Per quanto riguarda il business Gas si è proceduto allo sviluppo di ipotesi derivanti da benchmark con operatori del settore e coerenza con trend di mercato”. Ho citato letteralmente la frase della “Bain & Company” perché:
- Mi fa sorridere. Bastava magari confrontarsi con gli amministratori di Acel Service che non credo siano degli sprovveduti considerati i risultati conseguiti e non solo economici considerato che Acel Service è un modello di società da molti preso ad esempio e che è una delle poche che ha realizzato una separazione dell’attività di vendita costruendo un modello commerciale rispettoso delle direttive europee e non a rischio come lo sono la maggior parte delle altre società che, magari anche assistite dalla Bain & Company, non hanno realizzato una vera, formale e sostanziale, separazione societaria.
- Mi preoccupa perché non vorrei che con questo coinvolgimento di altri operatori del settore siano state divulgate notizie sociali riservate o che siano stati assunti impegni per consentire l’ingresso di questi operatori nella compagine sociale di Acel Service che è molto appetibile.
5 Velleitaria – perché non da risposte al problema del settore idrico ma si permette di arrivare a conclusioni che con il progetto “acqua” non c’entrano niente,
Valutazione concambi
Le ipotesi prospettate per la valutazione dei “concambi” è, a mio giudizio, poco significativa e sperequativa rispetto alla reale consistenza degli assets oggetto di trasferimento alla nuova società (aggregatore) per i seguenti motivi:
1 fissare il criterio “Patrimoniale” sulla base del patrimonio netto è improprio perché:
- privilegia le società che:
- hanno fortemente rivalutato i propri assets in sede di trasformazione da Consorzio a Società contribuendo, in modo virtuale e artificioso, ad aumentare i costi di gestione del servizio;
- hanno applicato coefficienti di ammortamento più basso per salvare i bilanci;
- attraverso la forte capitalizzazione dovuta alla rivalutazione hanno aumentato il valore del patrimonio netto senza reali investimenti avendo anzi, nel passato, recuperato il valore degli investimenti attraverso la quota di ammortamento annuale imputata a conto economico;
- penalizza le società che:
- hanno effettuato sviluppo e nuovi investimenti in anni recenti;
La valutazione delle attività e passività trasferite, trattandosi di beni indisponibili ed incedibili per la maggior parte, deve necessariamente escludere qualsiasi ipotesi di valutazione discrezionale poiché la loro non fungibilità non consente di attribuire valori diversi dal loro costo di costruzione svalutato per la vetustà e l’obsolescenza.
La valutazione degli assets è un argomento delicato che va oltre i semplici rapporti di concambio tra le società e i comuni conferitari perché potrà influenzare la formazione delle tariffe con costi non realmente sostenuti.
Ho già avuto modo di esprimere la mia opinione sullo stato dell’arte. Sono convinto che, percorrendo la strada tracciata, se arriveremo ad una conclusione rischieremo di fare un grosso pasticcio e non un servizio ai Comuni e loro ai cittadini.
Remo Valsecchi