Nel nostro Paese il caos è sinonimo di politica o, meglio, la politica è sinonimo di caos. Gli italiani se ne sono resi conto e il 50% manifesta il suo dissenso con il “non voto”. Gli unici a non rendersene conto sono i politici a ogni livello istituzionale, locale o nazionale, che lo alimentano perché la politica è solo una guerra di “bande” e “sotto bande”. In un Paese in cui le persone stanno sempre più diventando povere, senza lavoro e senza prospettive, con enormi difficoltà ad affrontare i problemi quotidiani, l’unico dibattito è la riforma della parte seconda della costituzione, quella che riguarda l’ordinamento dello Stato. Non sarebbe meglio dare esecuzione alla parte prima, quella riferita ai diritti e doveri dei cittadini, che, ormai, sono rimasti a livello di pura enunciazione? Le “bande”, mi riferisco, nel significato più spregiativo del termine, ai partiti, hanno un obiettivo, acquisire una posizione dominante incompatibile con il disagio sociale estraneo agli interessi particolari di qualcuno.
Credere che la politica locale possa affrontare la questione dell’acqua, bene comune ed essenziale alla vita umana, nella logica del servizio sociale è utopia. Oltre 40 milioni di euro di entrate annuali tariffarie e oltre 600 milioni d’investimenti nel prossimo trentennio, un giro finanziario nel trentennio di oltre 2 miliardi di euro, sono una montagna di denaro allettante che l’affidamento del servizio definitivo a una società pubblica o a un’azienda speciale, sottrarrebbe dalle logiche finanziarie, unica aspettativa del processo di privatizzazione.
L’operazione di “spin off” realizzata da Lario Reti Holding, nel dicembre scorso, ha finalità di natura commerciale e finanziaria e Idroservice, costituita nell’ambito dell’operazione, è funzionale alla privatizzazione del servizio idrico. È una mia affermazione gratuita e infondata? No, è quello che hanno affermato gli amministratori negli obiettivi del progetto.
“La creazione di società di scopo consente aperture alla liberalizzazione e alla privatizzazione” è scritto nel progetto presentato da Lario Reti Holding nel 2011, poco prima del referendum, e mai modificato o negato.
La separazione del servizio idrico è stata realizzata con la costituzione di Idroservice, di cui l’unico socio della stessa è Lario Reti Holding, in contrasto con la normativa comunitaria essendo una società di secondo livello, solo qualche mese fa, pur con il dibattito aperto sull’affidamento del servizio in house. Perché non si è atteso l’esito del dibattito e non è stata costituita una società partecipata direttamente dai Comuni? Perché si rinvia di due anni il passaggio delle quote di Idroservice ai Comuni? Le ragioni tecniche addotte sono false, coprono altri obiettivi. Sicuramente l’affidamento a Idroservice avvantaggia i Comuni dell’area lecchese, gli ex azionisti di Acel, e penalizza i Comuni del meratese e del casatese. Strano che proprio quest’ultimi, escluso Merate, siano sostenitori dell’affidamento del servizio a Idroservice. Spesso le direttive di partito vanno oltre gli interessi pubblici.
L’affidamento del servizio a Idroservice ed il differimento di due anni del trasferimento della partecipazione ai Comuni potrebbe anche essere attendista di una possibile e probabile evoluzione legislativa che riproponga la privatizzazione del servizio.
Fantapolitica? Nel nostro Paese è abbastanza usuale, su temi non condivisi dalla gerarchia delle “bande”, disattendere gli esiti referendari scomodi con provvedimenti legislativi magari diversamente denominati.
L’art. 4 del D.L. 13.08.2011, poi abrogato dalla Corte Costituzionale perché reiterava la norma abrogata dal referendum, riproponeva, due mesi dopo il referendum, la privatizzazione. Le dichiarazioni del premier Monti e del ministro Passera, hanno sempre affermato la necessità della privatizzazione dei servizi pubblici, compreso l’acqua. L’attuale Governo è, nei fatti, la continuazione delle politiche del precedente ed è sostenuto dalla stessa maggioranza.
L’affidamento temporaneo, sino al 31.12.2013, del servizio a Idrolario è un paradosso perché impedisce un piano industriale e di investimenti che deve essere pluriennale. Celava una volontà preordinata ad un obiettivo diverso, quello che si sta realizzando.
Non è un caos e nemmeno una farsa. Tutte le motivazione che giustificherebbero l’affidamento a Idroservice, sono solo fantasie assurde ma non inconsapevoli.
L’impossibilità della semplice compensazione, in ipotesi di fusione, dei debiti e crediti è innegabile. Le due società hanno partecipazioni diverse, la compensazione sarà possibile solo in presenza di un conguaglio che potrà essere in denaro o con scambio di quote. Poiché niente avviene per caso e senza ragioni, a chi giova tutto questo?
Volendo perseguire un obiettivo finalizzato all’erogazione di un servizio pubblico essenziale, l’acqua, e tenendo in giusto conto anche gli effetti sociali connessi, la via è molto più semplice e meno onerosa di tutte le ipotesi in campo attualmente.
Sono sufficienti due operazioni.
Trasformazione di Idrolario in società per azioni prevedendo due categorie di azioni, una che rappresenta il patrimonio idrico e una che rappresenta il servizio, e contestuale delibera di aumento del capitale aperto anche ai comuni non soci e limitato alle azioni relative al servizio. Questo consentirebbe di avere un servizio con il controllo analogo di tutti i Comuni della Provincia e rapportato al “peso demografico” con un costo minimo per i Comuni che devono aumentare le proprie quote di partecipazione o diventare soci.
L’altra operazione è il trasferimento del ramo d’azienda costituito dal servizio, beni e lavoratori, a Idrolario con corrispettivo uguale a zero e con la compensazione di almeno il 50% del debito di Idrolario nei confronti di Idroservice.
I tempi di realizzazione potrebbero essere molto brevi, qualche settimana, ed i costi molto contenuti, 10/15 mila euro, senza perizie e consulenze onerose.
Le difficoltà, purtroppo, sono altre. La volontà, innanzitutto, di risolvere i problemi di gestione del servizio idrico in funzione dell’interesse collettivo, la convergenza sull’obiettivo, peraltro affermato da tutti, di mantenere il servizio nell’area pubblica.
Restano da definire i criteri di gestione del servizio che devono anche essere maggiormente trasparenti e non hanno costi, è solo questione di metodi e di uomini. Non è ammissibile che il Consiglio di Amministrazione di Lario Reti Holding, realizzi un operazione societaria che condiziona e prevarica il dibattito pubblico senza una reale partecipazione dei Comuni soci. È pure inammissibile che il Consiglio di Amministrazione di Idrolario, a oggi, non abbia ancora reso pubblico il bilancio 2012 pur avendo ipotizzato un fabbisogno finanziario di quasi 30 milioni di euro entro la fine del 2013, influenzando parecchi degli orientamenti emersi. Non poter disporre del bilancio 2012, sei mesi dopo la chiusura dell’esercizio, è un grave inadempimento degli amministratori perché, nel frattempo, potrebbe crearsi una situazione negativamente irreversibile senza che i soci ne siano informati.
Il “controllo analogo” non è una teoria è un atto e un fatto concreto. Idrolario, non fornendo il bilancio 2012, anche se considerata conforme all’indirizzo della normativa comunitaria, è la dimostrazione che, nelle società di capitale, il “controllo analogo” non è realizzabile.
Se si vuole mantenere il servizio idrico nella sfera pubblica, anche lo strumento di gestione deve essere di orientamento pubblico. Lo strumento esiste, si chiama Azienda Speciale e dovrà essere realizzata in tempi brevissimi perché i cittadini, in primis, devono sentirsi parte e non solo utenti del servizio.