Siamo alla farsa finale. Giorgio Napolitano, presidente della Repubblica e garante delle Costituzione, ha istituito due gruppi di lavoro, uno politico-istituzionale e l’altro economico-sociale, al di fuori di ogni regola costituzionale. I gruppi di lavoro, composti da “saggi” scelti autonomamente dal Presidente, avranno il compito di elaborare proposte programmatiche sulle quali far convergere le forze politiche. Napolitano si è dimenticato, però, oltre a non avere alcun titolo per simili iniziative, che i gruppi di lavoro, nel rispetto della sovranità popolare, esistono, si chiamano Camera dei Deputati e Senato: il Parlamento. C’è solo da sperare che il gruppo politico-istituzionale non proponga una riforma elettorale che demandi ad un ristretto gruppo di “saggi” la nomina dei parlamentari. Sarebbe la fine della Democrazia, ammesso che esista ancora.
Non si può nemmeno sottacere l’affermazione di Napolitano: “Il governo di Mario Monti è pienamente operativo, a breve varerà una serie di provvedimenti anti-crisi”. Come è possibile? L’articolo 76 della Costituzione recita: “L’esercizio della funzione legislativa non può essere delegato al Governo se non con determinazione di principi e criteri direttivi e soltanto per tempo limitato e per oggetti definiti”, e l’articolo 77: “Il Governo non può, senza delegazione delle Camere, emanare decreti che abbiano valore di legge ordinaria.” Secondo Napolitano, un Governo dimissionario, in carica solo per la gestione ordinaria ed espressione di una maggioranza politica cancellata dalla tornata elettorale, sarebbe pienamente operativo e in grado di varare provvedimenti, ossia leggi, che non gli sarebbe consentito nemmeno se in carica normalmente. Non sono un costituzionalista, sono un cittadino che cerca di capire cosa sta succedendo e che è molto preoccupato per la deriva imboccata da questo nostro Paese.
Le stranezze sono parecchie e, forse, lo sono molto meno di quello che appaiono.
Napolitano incarica ad esplorare il segretario del gruppo politico che ha vinto le elezioni. Un mandato, quello di esplorare, non previsto dalla Costituzione ed escluso dalle competenze del Presidente della Repubblica. L’Italia non è una Repubblica Presidenziale ma una Repubblica Parlamentare.
Il Presidente della Repubblica avrebbe dovuto nominare il Presidente del Consiglio e, su proposta dello stesso i ministri, che, prima di assumere le funzioni, avrebbero dovuto prestare giuramento. Con il giuramento il Governo avrebbe assunto la carica ed il Governo Monti sarebbe decaduto. Questo è quanto previsto dagli articoli 92 e 93 della Costituzione.
L’articolo 94 poi prevede che, entro dieci giorni dalla sua formazione, il Governo si presenti alle Camere per ottenere la fiducia. Sono le due Camere e quindi i rappresentanti eletti dal popolo che possono legittimare il Governo.
Napolitano, in questo modo, ha mantenuto in carica il Governo Monti, pur non avendone titolo, e successivamente lo ha pure legittimato invitandolo a varare provvedimenti anti-crisi.
E’ noto come Mario Monti sia diventato il Presidente del Consiglio, nominato Senatore a vita qualche giorno prima, pur non ricorrendo i presupposti di cui all’art. 59 della Costituzione. L’azione anti-crisi di Monti è stata chiara e precisa anche nella scelta di chi beneficiare, i poteri forti finanziari (che forse sono stati anche i suoi sponsor considerata la presidenza della “Commissione trilaterale” lasciata pochi giorni prima), e di chi penalizzare con una assurda politica di austerità, il resto del Paese.
La scelta dei “saggi”, è il tentativo della vecchia nomenklatura politica di tutelarsi dal vento di rinnovamento in corso che la sta cancellando. I dieci “saggi” sono politici di lunga militanza, quelli che si vorrebbe rinnovare, o personaggi che hanno l’unico titolo di aver beneficiato di nomine politiche. Ma Napolitano ha ritenuto opportuno anche consultare Mario Draghi, altro personaggio legato al mondo finanziario gratificato da nomine politiche che, ovviamente, non si è mai sottoposto al giudizio popolare anche se pretende di influenzare i governi e le sorti del Paese.
Sarà opportuno, nel rinnovamento della politica, includere anche tutte quelle nomine che non sono espressione della volontà popolare. Forse i problemi della gente diventerebbero la questione centrale e i poteri forti verrebbero ridimensionati e esclusi dal progetto politico futuro.
L’impossibilità ad avere una maggioranza che sostenga il Governo è l’origine di tutti questi “pasticci” con grossi pregiudizi e rischi per la Democrazia. I cittadini italiani hanno eletto un Parlamento, unica Istituzione politica che detiene tutti i poteri e le funzioni, che potrebbe iniziare a legiferare per cambiare il Paese nell’indirizzo dello sviluppo e della tutela della maggioranza degli italiani magari garantendo meno i “mercati” (quelli finanziari). In fondo il Governo, come prevede la Costituzione, è un organismo con funzioni meramente esecutive della volontà parlamentare. Negli ultimi decenni il rapporto si è invertito ed il Governo, complici le segreterie dei partiti, ha condizionato il Parlamento con risultati negativi, anche di degenerazione e di malaffare. Nella storia del nostro Paese esiste un periodo in cui l’esecutivo ha sopraffatto il Parlamento, il periodo fascista, e, proprio per questo motivo i “padri costituenti” ne hanno limitato le funzioni ed i poteri. Non abbiamo bisogno di trascrivere la Costituzione è sufficiente difenderla e obbligare al rispetto.