La democrazia in Italia non è a rischio, temo sia già finita. È una affermazione grave che voglio ben motivare poiché non è mia intenzione finire tra i qualunquisti e tantomeno prestare il fianco a chi, con questa motivazione, tenterà di confondere e nascondere la verità.
Numerosi comitati si sono costituiti in Italia a difesa della Costituzione e, in occasione delle loro manifestazioni, è sempre garantita la presenza di Parlamentari che, immancabilmente, dichiarano il loro impegno incondizionato in questo senso.
“Tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi.” recita l’art. 54 della Costituzione. I parlamentari, Deputati e Senatori, pertanto, in quanto rappresentanti del popolo, ossia dei cittadini, ne hanno l’obbligo non solo il dovere. Troppo spesso però questo obbligo-dovere viene dimenticato.
Gli artt. 76 e 77 della Costituzione, fissano un principio: il Governo non può legiferare. Solo nell’ipotesi di “straordinaria necessità e urgenza”, è il caso dei decreti legge, è possibile ma con l’obbligo per il Governo, di trasmettere alle Camere il provvedimento per la sua conversione che deve avvenire entro 60 giorni perdendo la sua efficacia sin dall’origine in caso contrario.
Si possono avere opinioni diverse nel merito di tale disposizione. Personalmente la ritengo una disposizione essenziale per la salvaguardia della democrazia. La funzione legislativa deve essere competenza unicamente degli eletti del popolo, questa è la democrazia rappresentativa. I Padri Costituenti l’hanno introdotta per prevenire le avventure del ventennio che aveva preceduto la nascita della Repubblica.
Non è un caso che Silvio Berlusconi abbia sofferto e aspramente criticato i limitati poteri dell’esecutivo.
Comunque, al di là delle opinioni, tutte legittime, se la Costituzione non viene modificata non sono ammesse deroghe, ci si può solo attenere e rispettarne i principi.
I recenti decreti legge emanati dal Governo Monti sono in contrasto con questi principi costituzionali ma tutto è stato sanato con il voto di fiducia, altra anomalia con rischio di anticostituzionalità.
Il decreto legge per la “crescita del Paese”, ad esempio, introduce norme fortemente innovative e, in qualche caso, ne posterga gli effetti a un periodo successivo all’entrata in vigore della legge di conversione.
Se gli effetti sono differiti può, forse, sussistere la necessità ma certamente non esiste l’urgenza.
Chiedo chiarimenti ad un parlamentare e ottengo una strana risposta; “….i decreti legge da almeno 5 anni a questa parte non rispettano più i requisiti di necessità e urgenza. Il decreto legge verrà votato con la fiducia entro la settimana e convertito definitivamente”.
Strabiliante. Il Governo ha cambiato la Costituzione e i parlamentari non se ne sono accorti o hanno consentito che avvenisse. La Corte Costituzionale, organismo cui spetta garantirne il rispetto, non ha sollevato eccezioni.
La 1ª Commissione del Senato (Affari Costituzionali), che deve preliminarmente verificare la legittimità costituzionale delle leggi, in una sessione consultiva iniziata alle 16:50 del 30/7/2012 e conclusa alle ore 17:00 (vedi), licenzia il provvedimento con la seguente motivazione:“Nota che il decreto-legge ha contenuto vasto e complesso e incide su un ampio spettro di settori normativi. L’insieme delle misure è finalizzato a favorire la crescita, lo sviluppo e la competitività in un’ottica di rigore finanziario e di effettivo rilancio dello sviluppo economico. Per tali ragioni, propone di esprimere un parere favorevole sulla sussistenza dei presupposti costituzionali.” La sussistenza dei presupposti costituzionali è conseguente ad una valutazione di merito, che compete ad altre commissioni, mentre del rispetto dei principi costituzionali non se ne fa alcun cenno.
La Commissione è composta da 26 senatori che hanno letto, esaminato e discusso un decreto legge composto da 79 pagine, 70 articoli, due allegati oltre gli emendamenti della Camera in soli dieci minuti. I casi sono due: o sono “marziani” o hanno semplicemente bevuto un caffè, per l’aperitivo dieci minuti non sarebbero stati sufficienti.
Il voto di fiducia, però, consente la veloce conversione del decreto legge impedendo la libera e autonoma espressione individuale del parlamentare; la discussione in aula diventa solo una questione formale e rituale. Probabilmente l’accordo sul provvedimento è stato raggiunto dal Governo con le segreterie dei partiti. La funzione legislativa, quindi, in evidente violazione delle norme costituzionali è esercitata dal Governo e da un organismo inesistente, le segreterie dei partiti che costituiscono la maggioranza. Maggioranza che non è nemmeno espressione del voto popolare.
Nessun parlamentare, deputato o senatore, anche di opposizione, ha sollevato eccezioni o, perlomeno, dubbi.
Nessun commento, tanta preoccupazione. La legge n. 100 del 31 gennaio 1926, attribuì all’esecutivo, Capo del Governo Benito Mussolini, il potere di emanare leggi escludendo l’intervento delle assemblee legislative. Cosa è successo negli anni successivi è noto a tutti e non deve mai essere dimenticato. Anche Mussolini era convinto di agire nell’interesse delle Stato o in questo modo motivava e giustificava tutti gli atti antidemocratici.
C’è solo una soluzione: mandare a casa tutti, iniziando dai vertici dei Partiti, in modo democratico ma fermo e determinato.
Attenzione alle riforme elettorali perché saranno un imbroglio; non cambieranno sostanzialmente nulla ma rafforzeranno le dirigenze attuali. Ne parleremo un’altra volta.