Caro Pierantonio,
prendo spunto dal tuo intervento per chiarire alcuni concetti che, probabilmente per colpa mia, non è stato fatto in modo sufficiente.
Non intendo assolutamente replicare per il semplice motivo che, al contrario tuo, ho profondo rispetto delle opinioni altrui e, pur non condividendole, ne prendo atto.
Non mi permetterei mai di bollare le tue affermazioni come quelle di una cozza aggrappata a qualcosa, per me, puoi dire quello che vuoi, al massimo non lo condivido. Definirmi “una cozza attaccata al proto-comunismo” non mi infastidisce per due motivi, il primo perché se è una tua opinione, hai il diritto di esprimerla ed il secondo perché, essendo io molto lontano dalle teorie comuniste, non capisco come addirittura possa essere proto.
L’assioma che “quando qualcuno guadagna, qualcuno perde”, non è proto-comunista, è sovente usato dagli economisti moderni, anche liberisti, per illustrare alcuni effetti economici; è una regola della contabilità basata sulla partita doppia.
Tra l’altro, al contrario di quanto tu affermi, non sono e non sono mai stato legato al pensiero socialista.
Può essere che, avendo definito i servizi pubblici, a rilevanza sociale, ti sia confuso. Il concetto di “sociale” non è una espressione socialista; è un po’ più ampio. Significa solo porsi come obiettivo la crescita dei cittadini e specialmente di quelli meno abbienti. Il concetto dovrebbe essere comune a tutti indipendentemente dalle etichette.
Questa è l’unica ragione che mi spinge ad esprimere opinioni che forse non sono così pellegrine visto che coincidono con le posizioni della Corte dei Conti e dell’Antitrust.
Non c’è irritazione, uso un termine diverso dal tuo, la scurrilità non mi pace, perché nessuno mi ha mai scaricato, me ne sono andato, per scelta e volontà personale, non condividendo, e non accettando di far parte della nuova politica tesa ad auto referenziarsi dimenticandosi del suo vero scopo: essere al servizio dei cittadini. Non ho mai aderito al PD, pur avendo ricevuto pressioni per farlo.
A proposito di cittadino e utente, non credo ci siano differenze tra le due espressioni. Il cittadino è colui che fa parte della comunità Stato, l’utente, nei servizi pubblici, è un cittadino che usufruisce del servizio. Tutelando il cittadino, viene tutelato l’utente ma anche il contrario. Mi infastidisce la definizione di “cliente” nell’ambito del servizio pubblico perché, normale corretta in ambito privato, presuppone un’operazione economico commerciale lontanissima dalla funzione sociale delle Istituzioni Pubbliche.
Mi chiedi cosa significa profitto? Provo a spiegartelo facendo però una premessa. Io ritengo il profitto un obiettivo corretto e normale in una attività privata commerciale, purché legale, ossia conseguito nel rispetto della legge in generale e anche fiscale. Non credo che i proto-comunisti la pensino come me.
Nei servizi pubblici, però, premesso che la legge prevede che le tariffe, in particolare nella gestione dei rifiuti e del servizio idrico, devono coprire costi e investimenti (scusami l’inglesismo, ma si chiama così, Full Cost Recovery) tutta la parte di tariffa che va oltre la copertura dei costi e degli investimenti si chiama profitto. È un surplus della tariffa, pagato dai cittadini/utenti che non serve al servizio. Questo, caro Pierantonio, è uno spreco perché toglie denaro dalle tasche dei cittadini per lasciarli, inutilizzati sui conti correnti bancari. Basta guardare i bilanci delle nostre società pubbliche, compreso Silea, per rendersene conto.
Non mi sembra di essere un paladino del no anzi, ho partecipato, per puro spirito di servizio, alla redazione di proposte concrete che, i veri paladini del no, lascio a te immaginare chi sono, le hanno dichiarate irricevibili e non ne hanno consentito l’esame nelle sedi istituzionali competenti. Il “partito Bartali” mi sembra più consono a te, nel tuo intervento ho contato una ventina di epiteti, io non sono solito dare epiteti a chicchessia, anche se la pensa in modo opposto al mio.
Non conosco i Five Stars friends, io conosco solo i Fab Four (Beatles) friends.
Non ho mai cambiato opinione, salvo una, perché ho sbagliato e l’ho confessato, più volte, anche nell’intervento cui ti riferisci, quella di aver considerato le società come migliore strumento per la gestione dei servizi pubblici. Ho sempre sostenuto che i servizi pubblici non possono essere oggetto di privatizzazione; intendo non solo una privatizzazione formale, ossia con soci non pubblici, ma anche una privatizzazione sostanziale, cioè una società, partecipata da Enti Pubblici, che utilizza i servizi pubblici per fare profitto (il surplus di cui parlavo prima) e magari fiscalità sostitutiva o integrativa. Non ho mai affermato che l’energia è uno spreco ma se i ricavi dall’energia non riducono la tariffa (non lo dico io lo dicono i bilanci di Silea) a cosa servono?
Non ho mai detto, e nemmeno pensato, che gli amministratori delle società pubbliche, compreso Silea, siano dei filibustieri. La teoria del sospetto non fa parte della mia cultura.
Ho semplicemente affermato che se qualcuno è sostenitore della privatizzazione dei servizi pubblici, convinto anche che il profitto, nei servizi pubblici, sia un beneficio per la collettività, ha tutto il diritto di esserlo, non può, però, impedirmi di pensarla in modo diverso e, soprattutto, di oppormi a questo processo.
Nel 2013, J.P.Morgan (nota società di rating) in un suo mensile ha affermato (sintetizzo il pensiero) che l’eccesso di democrazia fa male all’economia; permetto di dirlo ma tu consentimi di contrastarlo. Non vorrei, per non essere del partito del no, avallare una limitazione della democrazia. L’avrà anche detto Platone che la tirannia nasce dalla democrazia ma io, magari con l’aiuto dei Five Stars, di cui non sono parte, provo a contrastare questa distorta evoluzione.
Per quanto riguarda il teleriscaldamento, ho solo chiesto, come cittadino avente diritto di accesso agli atti, che venga messa a disposizione tutta la documentazione per poter capire ed avere un’opinione, positiva o negativa, ma ragionata.
Che cosa significa “abitante equivalente” lo so perfettamente e ti riconfermo che i dati, numero abitanti equivalenti e quantitativo di gas risparmiato, non mi sembrano coerenti. Se invece di dissertare, mettessero a disposizione la documentazione sarebbe tutto più semplice.
Per concludere lasciami illustrare un concetto preciso che non è opinione. Nelle società con affidamento dei servizi in house, per essere legittime, deve essere garantito il controllo analogo ossia, come dice la Corte di Giustizia Europea e la Suprema Corte di Cassazione, devono essere la longa-manus degli enti soci e agli amministratori devono essere lasciati poteri di mera esecuzione senza autonomie gestionali al di fuori di quelli esecutivi. Può anche non piacere, si può anche avere un’opinione diversa ma queste sono le regole e devono essere rispettate se non si vuole che la gestione dei servizi pubblici locali finisca nelle mani di qualche multinazionale.
A me, peraltro, piace, forse perché mi definisco illuminista e un po’ giacobino (una delle ragioni per cui mi firmo “cittadino”) in quanto è il modo per evitare che nominati, e non eletti dal popolo, svolgano ruoli e indirizzino le gestioni dei servizi pubblici locali in direzione opposta alla volontà del popolo che si chiama sovranità popolare e che pretendo sia osservata e garantita.
Hai tutta la mia disponibilità al confronto ma preferirei, se ci lasceranno spazio, farlo in modo aperto e pubblico attraverso i media, non per esibizionismo o per le “luci dei media”, ma perché essendo argomenti di interesse generale devono consentire la partecipazione di tutti.
Ricambio i saluti
prendo spunto dal tuo intervento per chiarire alcuni concetti che, probabilmente per colpa mia, non è stato fatto in modo sufficiente.
Non intendo assolutamente replicare per il semplice motivo che, al contrario tuo, ho profondo rispetto delle opinioni altrui e, pur non condividendole, ne prendo atto.
Non mi permetterei mai di bollare le tue affermazioni come quelle di una cozza aggrappata a qualcosa, per me, puoi dire quello che vuoi, al massimo non lo condivido. Definirmi “una cozza attaccata al proto-comunismo” non mi infastidisce per due motivi, il primo perché se è una tua opinione, hai il diritto di esprimerla ed il secondo perché, essendo io molto lontano dalle teorie comuniste, non capisco come addirittura possa essere proto.
L’assioma che “quando qualcuno guadagna, qualcuno perde”, non è proto-comunista, è sovente usato dagli economisti moderni, anche liberisti, per illustrare alcuni effetti economici; è una regola della contabilità basata sulla partita doppia.
Tra l’altro, al contrario di quanto tu affermi, non sono e non sono mai stato legato al pensiero socialista.
Può essere che, avendo definito i servizi pubblici, a rilevanza sociale, ti sia confuso. Il concetto di “sociale” non è una espressione socialista; è un po’ più ampio. Significa solo porsi come obiettivo la crescita dei cittadini e specialmente di quelli meno abbienti. Il concetto dovrebbe essere comune a tutti indipendentemente dalle etichette.
Questa è l’unica ragione che mi spinge ad esprimere opinioni che forse non sono così pellegrine visto che coincidono con le posizioni della Corte dei Conti e dell’Antitrust.
Non c’è irritazione, uso un termine diverso dal tuo, la scurrilità non mi pace, perché nessuno mi ha mai scaricato, me ne sono andato, per scelta e volontà personale, non condividendo, e non accettando di far parte della nuova politica tesa ad auto referenziarsi dimenticandosi del suo vero scopo: essere al servizio dei cittadini. Non ho mai aderito al PD, pur avendo ricevuto pressioni per farlo.
A proposito di cittadino e utente, non credo ci siano differenze tra le due espressioni. Il cittadino è colui che fa parte della comunità Stato, l’utente, nei servizi pubblici, è un cittadino che usufruisce del servizio. Tutelando il cittadino, viene tutelato l’utente ma anche il contrario. Mi infastidisce la definizione di “cliente” nell’ambito del servizio pubblico perché, normale corretta in ambito privato, presuppone un’operazione economico commerciale lontanissima dalla funzione sociale delle Istituzioni Pubbliche.
Mi chiedi cosa significa profitto? Provo a spiegartelo facendo però una premessa. Io ritengo il profitto un obiettivo corretto e normale in una attività privata commerciale, purché legale, ossia conseguito nel rispetto della legge in generale e anche fiscale. Non credo che i proto-comunisti la pensino come me.
Nei servizi pubblici, però, premesso che la legge prevede che le tariffe, in particolare nella gestione dei rifiuti e del servizio idrico, devono coprire costi e investimenti (scusami l’inglesismo, ma si chiama così, Full Cost Recovery) tutta la parte di tariffa che va oltre la copertura dei costi e degli investimenti si chiama profitto. È un surplus della tariffa, pagato dai cittadini/utenti che non serve al servizio. Questo, caro Pierantonio, è uno spreco perché toglie denaro dalle tasche dei cittadini per lasciarli, inutilizzati sui conti correnti bancari. Basta guardare i bilanci delle nostre società pubbliche, compreso Silea, per rendersene conto.
Non mi sembra di essere un paladino del no anzi, ho partecipato, per puro spirito di servizio, alla redazione di proposte concrete che, i veri paladini del no, lascio a te immaginare chi sono, le hanno dichiarate irricevibili e non ne hanno consentito l’esame nelle sedi istituzionali competenti. Il “partito Bartali” mi sembra più consono a te, nel tuo intervento ho contato una ventina di epiteti, io non sono solito dare epiteti a chicchessia, anche se la pensa in modo opposto al mio.
Non conosco i Five Stars friends, io conosco solo i Fab Four (Beatles) friends.
Non ho mai cambiato opinione, salvo una, perché ho sbagliato e l’ho confessato, più volte, anche nell’intervento cui ti riferisci, quella di aver considerato le società come migliore strumento per la gestione dei servizi pubblici. Ho sempre sostenuto che i servizi pubblici non possono essere oggetto di privatizzazione; intendo non solo una privatizzazione formale, ossia con soci non pubblici, ma anche una privatizzazione sostanziale, cioè una società, partecipata da Enti Pubblici, che utilizza i servizi pubblici per fare profitto (il surplus di cui parlavo prima) e magari fiscalità sostitutiva o integrativa. Non ho mai affermato che l’energia è uno spreco ma se i ricavi dall’energia non riducono la tariffa (non lo dico io lo dicono i bilanci di Silea) a cosa servono?
Non ho mai detto, e nemmeno pensato, che gli amministratori delle società pubbliche, compreso Silea, siano dei filibustieri. La teoria del sospetto non fa parte della mia cultura.
Ho semplicemente affermato che se qualcuno è sostenitore della privatizzazione dei servizi pubblici, convinto anche che il profitto, nei servizi pubblici, sia un beneficio per la collettività, ha tutto il diritto di esserlo, non può, però, impedirmi di pensarla in modo diverso e, soprattutto, di oppormi a questo processo.
Nel 2013, J.P.Morgan (nota società di rating) in un suo mensile ha affermato (sintetizzo il pensiero) che l’eccesso di democrazia fa male all’economia; permetto di dirlo ma tu consentimi di contrastarlo. Non vorrei, per non essere del partito del no, avallare una limitazione della democrazia. L’avrà anche detto Platone che la tirannia nasce dalla democrazia ma io, magari con l’aiuto dei Five Stars, di cui non sono parte, provo a contrastare questa distorta evoluzione.
Per quanto riguarda il teleriscaldamento, ho solo chiesto, come cittadino avente diritto di accesso agli atti, che venga messa a disposizione tutta la documentazione per poter capire ed avere un’opinione, positiva o negativa, ma ragionata.
Che cosa significa “abitante equivalente” lo so perfettamente e ti riconfermo che i dati, numero abitanti equivalenti e quantitativo di gas risparmiato, non mi sembrano coerenti. Se invece di dissertare, mettessero a disposizione la documentazione sarebbe tutto più semplice.
Per concludere lasciami illustrare un concetto preciso che non è opinione. Nelle società con affidamento dei servizi in house, per essere legittime, deve essere garantito il controllo analogo ossia, come dice la Corte di Giustizia Europea e la Suprema Corte di Cassazione, devono essere la longa-manus degli enti soci e agli amministratori devono essere lasciati poteri di mera esecuzione senza autonomie gestionali al di fuori di quelli esecutivi. Può anche non piacere, si può anche avere un’opinione diversa ma queste sono le regole e devono essere rispettate se non si vuole che la gestione dei servizi pubblici locali finisca nelle mani di qualche multinazionale.
A me, peraltro, piace, forse perché mi definisco illuminista e un po’ giacobino (una delle ragioni per cui mi firmo “cittadino”) in quanto è il modo per evitare che nominati, e non eletti dal popolo, svolgano ruoli e indirizzino le gestioni dei servizi pubblici locali in direzione opposta alla volontà del popolo che si chiama sovranità popolare e che pretendo sia osservata e garantita.
Hai tutta la mia disponibilità al confronto ma preferirei, se ci lasceranno spazio, farlo in modo aperto e pubblico attraverso i media, non per esibizionismo o per le “luci dei media”, ma perché essendo argomenti di interesse generale devono consentire la partecipazione di tutti.
Ricambio i saluti
Remo Valsecchi – cittadino