Lario Reti Holding
Il Comune di Lecco, rivedendo la propria posizione precedente e con la sottoscrizione di un “patto di sindacato”, ha aderito al progetto di fusione e alla costituzione di “Lario Reti Holding”.
Un operazione che si è avviata con molte perplessità e criticità e che si chiude riconfermando confusione, prevaricazione e noncuranza degli interessi generali.
Il “patto di sindacato” è un accordo tra una parte di azionisti della società al fine di allearsi e di regolare l`agire comune all`interno della società; quello approvato dal Consiglio Comunale di Lecco sarà sottoscritto solo dai Comuni azionisti di Acel spa, 27 Comuni di cui solo alcuni coinvolti nella questione patrimoniale idrica, mentre i Comuni interessati al progetto di fusione sono 82 di cui 17 comaschi.
Con l’accordo vengono definiti comportamenti che impegnano i Comuni sottoscrittori a modificare anche radicalmente le linee definite dal progetto di fusione approvato dalle delibere assembleari.
I Comuni soci di Acel fissano il criterio valutativo da adottare nella successiva scissione e, anche se questo sarà contrario agli interessi dei comuni non soci di Acel, sarà approvato perché i soci ex Acel rappresentano oltre il 70% del Capitale sociale. L’accordo prevede un aumento della maggioranza deliberativa di LRH da due terzi del capitale sociale a quattro quinti (80%) ma i Comuni ex soci di Acel, possedendo alcuni partecipazioni anche in altre società interessate all’operazione, rappresenteranno oltre l’80%.
Le modifiche sono sostanziali rispetto al progetto di fusione e, probabilmente, sono tali da invalidare le delibere assembleari assunte.
I Comuni soci di Acel si impegnano, nell’accordo, ad una revisione dello statuto predisposto per LRH che è stato approvato da tutti gli 82 comuni coinvolti nell’operazione. Perché la revisione è un impegno solo dei Comuni soci di Acel? Ovviamente perché controllano la società con l’ampia maggioranza di capitale detenuto.
Forse nemmeno nel privato, dove i rapporti di forza sono naturali, si avrebbe l’ardire di prevaricare in questo modo le minoranze. Il novellato codice societario prevede, per le società quotate e per garantire le minoranze, la pubblicità dei patti parasociali. In una società pubblica questa forma di garanzia dovrebbe essere assunta anche se non prevista legislativamente. Nel caso in esame, al contrario, i soci della società, che rappresentano la maggioranza del capitale della società risultante dalla fusione, sottoscrivono un “patto di sindacato” successivamente alle delibere delle altre società interessate alla fusione. Come si potrebbe definire tale comportamento?
L’accordo prevede, inoltre, che la totalità dell’utile maturato da Acel, nel periodo 1 giugno 2007 al 31 dicembre 2007, sarà distribuito ai soci di Acel spa entro il 30 aprile 2008; il progetto di fusione prevede che la partecipazione agli utili avrà effetto dal 1.1.2008 e nelle società di capitale la partecipazione agli utili avviene con il pagamento dei dividendi e quindi dovrà essere attribuito a tutti gli azionisti di LRH e non solo agli azionisti ex Acel.
Ammesso che esista un utile nel periodo di riferimento. L’attività di distribuzione e vendita del gas ha un andamento nell’anno non costante per effetto della stagionalità. Normalmente si produce utile nel primo e nell’ultimo quadrimestre e una perdita nel secondo quadrimestre (quello estivo). Poiché l’utile del primo quadrimestre è già attribuito a LRH, agli attuali soci di Acel sarà attribuito un risultato di pareggio o magari di perdita considerato un andamento climatico sfavorevole ai fini economici.
I soci di Acel si impegnano a valutare, dopo la scissione dei patrimoni idrici, la distribuzione delle “riserve non vincolate”, al 31.12.2006 nel consolidato Acel pari a €16.284.760 e al 31.05.2007 pari a €18.277.342. Ma dopo la fusione e la successiva scissione le riserve si saranno probabilmente ridotte per la copertura delle perdite delle altre società e, comunque, la distribuzione sarà a favore di tutti gli 82 Comuni soci di Lario Reti Holding, anche dei Comuni comaschi.
In questo modo i cittadini dei Comuni soci di Acel, che hanno contribuito alla formazione degli utili e delle riserve, devono rinunciare a parte di queste risorse, subendo magari aggravi di ICI e addizionali IRPEF, a favore di cittadini di altri Comuni, anche comaschi, che sono estranei alla formazione di queste risorse.
Ma questo è il risultato della “politica” che tende a privilegiare gli equilibri interni dimenticandosi dei veri destinatari della propria azione: i cittadini.
Un ulteriore esempio rafforza questa tesi. L’assemblea di Acel Service che ha dovuto procedere alla riduzione del numero dei componenti il Consiglio di Amministrazione, in attuazione delle disposizioni contenute nella Finanziaria dello scorso anno, ha deliberato un’attribuzione di € 2.000,00 (corrispondente a ca. 3 mesi dei compensi ordinari) a tutti i consiglieri uscenti.
Perché? Quali sono le motivazioni? Sulle questioni legate ai consigli di amministrazione delle società pubbliche torneremo nelle prossime settimane.
Voglio ribadire solo un concetto: spero che questa attribuzione straordinaria non sia destinata anche a me, che mi sono dimesso volontariamente alla fine dell’ottobre scorso anche per il dissenso nel modo di gestire queste società; in caso contrario preciso che non ho intenzione di ricevere tale somma che sarà da me rifiutata e respinta.
Credo nel ruolo della politica, da oltre trent’anni considero il mio impegno politico, come un dovere personale al quale non intendo sottrarmi anche se ritengo necessaria una rivisitazione che la rilanci in una logica di servizio alla collettività e non ai suoi protagonisti.