Sono ateo perchè non sono credente. Non è una banalità.
Un non credente ha profondo rispetto delle convinzioni personali individuali, è più tollerante perché non subisce condizionamenti fideistici, è più aperto e disponibile al confronto perché ha opinioni e non verità, ha una propria morale e non una morale condivisa o imposta.
Un non credente non può cadere in contraddizioni perché sarebbe in contraddizione con se stesso.
Un non credente vuole il rispetto della propria individualità e per tale ragione ha un profondo rispetto delle altre individualità.
Non si è non credenti perché atei, ma si è atei perché non credenti. Chi non crede arriva a questa conclusione solo in forza di convincimenti personali e non per effetto di enunciazioni o di dogmi.
L’Ateismo non è una fede, una religione o una chiesa e nemmeno un’organizzazione. È l’incontro di opinioni che hanno in comune un punto: l’inesistenza di una o più divinità che regolano la vita degli uomini e della natura.
L’Ateismo, in quanto filosofia della concezione individuale non dogmatica, è per natura, e non per dichiarazione, lontano e contrario alle guerre, alla violenza e a qualunque atto che possa limitare la libertà individuale degli altri.
L’Ateismo non divide ma unisce perché rispettando le libertà individuali realizza i principi di libertà, uguaglianza e fraternità che sono insiti nel concetto di rispetto degli altri.
Le religioni, che dovrebbero avere come missione l’unione degli uomini e dei popoli, sono la prima causa di divisione. Le contrapposizioni religiose sono spesso causa di guerre, di razzismo e di violenza: è la storia che lo insegna.
Lo spirito missionario tendente alla sacralizzazione genera l’intolleranza nei confronti di opinioni diverse dalla verità affermata. Da sempre, anche ai giorni nostri, le religioni sono state lo strumento e la giustificazione delle colonizzazioni cancellando, senza alcuna ragione, intere e millenarie culture ma anche la dignità ed il rispetto degli uomini. Il Papa Pio IX (quello che ha ostacolato, con le armi e con condanne a morte, l’Unità d’Italia sino al 20 settembre 1870), nel 1866, ha affermato che “la schiavitù in quanto tale, considerata nella sua natura fondamentale, non è del tutto contraria alla legge naturale e divina”.
La chiesa cattolica del ‘700 era a fianco dei nobili e contro il popolo per conservare i propri privilegi. Nei giorni nostri il Vaticano è spesso coinvolto in scandali finanziari (non si può dimenticare lo scandalo del Banco Ambrosiano del banchiere di Dio, Roberto Calvi, papa il quasi santo Karol Józef Wojtyla).
Durante l’ultima guerra mondiale la posizione della chiesa, nei confronti dei nazifascisti, delle deportazioni e delle leggi razziali e della protezione e aiuto ai criminali nazisti in fuga, è piena di ombre e dubbi.
È solo una questione di clericalismo? oppure è una questione strutturale e concettuale delle religioni che si identificano, come affermava il curato Jean Meslier (1664-1729), nella fede, “credenza cieca”, principio di errori, di illusioni e di raggiri, nella religione cristiana che autorizza le prepotenze e la tirannia dei grandi, nella falsità della presunta esistenza della divinità e nella falsità dell’idea della spiritualità e dell’immortalità dell’anima.