Secondo l’ISTAT, al 5,4% delle famiglie italiane, 1,2 milioni di famiglie, vengono richiesti denaro o regali per ottenere servizi pubblici, quindi dovuti senza condizioni, e al 2,7% degli elettori sono stati offerti denaro, favori o regali per avere il loro voto alle elezioni amministrative, politiche o europee. L’Italia, secondo il Rapporto elaborato da Transparency International, riportato da ANAC, con un punteggio di 56 su 100 è al 42° posto su 180 Paesi e inferiore alla media dell’Europa occidentale pari a 65 su 100.
Il presidente di ANAC, Giuseppe Busìa, ha sottolineato “l’importanza di una legge di regolamentazione delle lobby, di una normativa che eviti i conflitti d’interesse, stabilendo dei limiti. “Il politico non può ricevere benefici da portatori d’interesse, altrimenti la sua decisione ne viene inficiata“.
Se penso alla eliminazione del reato di abuso d’ufficio, al decreto sicurezza che impedisce la partecipazione attiva dei cittadini e, soprattutto, all’affermazione del Ministro della Giustizia che vorrebbe ripristinare l’immunità parlamentare con l’affermazione “finché non ritorneremo al primato della politica, anche attraverso la reintroduzione dell’immunità parlamentare, state certi che la magistratura continuerà a intervenire“, il dubbio che la riforma sia funzionale alla limitazione dell’autonomia e indipendenza della magistratura per difendere i politici collusi è inevitabile.
Il primato della politica, già dai tempi della filosofia greca, è la prevalenza della politica rispetto ad altri aspetti della vita sociale, l’economia, la religione, dove è affermata la laicità dello Stato, la cultura o altri, al fine del cambiamento sociale e dello sviluppo, per definire obiettivi e strategie per il bene comune, non certo per condizionare la giustizia nell’interesse proprio.
Il primato della politica sulla giustizia è una teoria di Giovanni Gentile, il filosofo del fascismo, ed è una peculiarità di tutti i regimi autoritari sia di destra che di sinistra dove la giustizia diventa lo strumento per impedire l’esercizio dei diritti individuali.
Non sono un giurista e non intendo affrontare la questione in diritto, detesto i tuttologi e non vorrei imitarli, sono un semplice cittadino che ritiene un dovere la partecipazione democratica e la conoscenza delle questioni politiche e, per farmi un’opinione personale, ho letto e analizzato la legge di riforma costituzionale.
Una legge che ha per oggetto la “separazione delle carriere giudicante e requirente della magistratura” una definizione che non ha alcun significato, semmai avrebbe dovuto essere la separazione delle funzioni e dei ruoli per evitare sovrapposizioni con pregiudizio della necessaria terzietà. Sarebbe, però, stato inutile, la costituzione l’aveva già previsto con il paragrafo, nell’art. 107, “I magistrati si distinguono fra loro soltanto per diversità di funzioni” che, però, non avrebbe raggiunto il vero obiettivo quello di subordinare la magistratura, quindi la giustizia, alla politica.
Un obiettivo evidente e molto chiaro dal testo della legge di riforma che si limita a creare il nuovo “Consiglio superiore della magistratura requirente” separandolo dal precedente che comprendeva sia la funzione giudicante che requirente e che assume la denominazione di “Consiglio superiore della magistratura giudicante”.
L’unica reale novità è nella composizione dei CSM che, ante riforma prevedeva una parte eletta dal Parlamento pari ad un terzo dei consiglieri che diventa, con la pseudo riforma, la metà.
Il Consiglio superiore della magistratura ha il compito di adottare provvedimenti disciplinari nei confronti dei singoli magistrati ed è evidente che la metà del Consiglio di nomina politica, asservita all’esecutivo, può avere un peso notevole nel giudizio ed essere condizionante rispetto all’autonomia e indipendenza. È una storia già vissuta in Italia, cerchiamo di evitare il ripetersi.
Eletti dal Parlamento, concretamente, significa nominati dall’esecutivo, cioè dal Governo che ha già privato il Parlamento dalle funzioni legislativa dal 1988 – art. 2 L. 400/1988 – con il voto di fiducia. I principi di garanzia della democrazia rappresentativa impongono la separazione dei poteri esecutivo, legislativo e giudiziario, quando sarà subordinato anche quest’ultimo all’esecutivo sarà cancellata la democrazia che, magari sarà chiamata democrazia illiberale, la denominazione moderna delle dittature.
L’art. 112 della Costituzione ante riforma stabilisce che “Il pubblico ministero ha l’obbligo di esercitare l’azione penale“, ossia che competono ai PM le attività di indagine per accertare o meno la presenza di reati penali e, avendone l’obbligo, sono atti dovuti. La riforma, però, lo integra aggiungendo “nei casi e nei modi previsti dalla legge“: il PM può indagare se i casi ed i modi sono previsti dalla legge e l’azione penale non è più un atto dovuto ma un atto consentito dalla politica. La 42° posizione nella classifica dei Paesi corrotti sarà destinata ad abbassarsi.
L’Italia, forse, continuerà ad essere una repubblica di nome ma non di fatto perchè le democrazie illiberali la trasformano in oligarchia, ossia in un regime politico e amministrativo concentrato nella mani di pochi che, nonostante le enunciazioni, agiscono a beneficio proprio e non del popolo.
Sono un convinto repubblicano e mazziniano e non credo che possano esistere democrazie in forme di Stato diverse dalla repubblica: teniamoci la nostra costituzione che la garantisce, possiamo solo consentire che venga rafforzata per adeguarsi ai tempi che cambiano e alla maggiore consapevolezza di chi detiene la sovranità, il popolo, rispetto al 1948, dopo un ventennio che non ha soffocato solo le libertà ma anche la conoscenza vietando l’accesso all’informazione.
Le riforme costituzionali devono essere escluse dalla funzione legislativa per essere competenza del popolo e, nel caso specifico, il terzo dei consiglieri laici del CSM, quota non modificabile, non deve essere eletto dal Parlamento, cioè dalla politica, ma dal suffragio popolare.
La Costituzione deve essere espressione della democrazia diretta! Tutte le altre questioni, pur gravi, vengono dopo perchè senza una democrazia reale e non formale non potremmo nemmeno discuterne.
Per chi fosse interessato ad approfondire la questione suggerisco la lettura del commento di Domenico Gallo “La riforma della giustizia e la separazione delle carriere”
